domenica 30 agosto 2015

Discipline marziali ed educazione dei giovani

Introduco questo articolo con un mio personalissimo pensiero: la più grande responsabilità per un genitore è essere capace di fornire la direzione al proprio figlio, in modo che alla maggiore età sia utile e rispettato nella società. E’ d’obbligo sottolineare l’aggettivo genitore e non amico. L’allarme sociale di questi giorni, consegna alla storia giovani morti per droga e per alcool, le cronache nere sono evidenziate dai giornali e dai media, ma solo per la vendita di qualche copia in più o per l’aumento dell’audience delle trasmissioni populiste e dei tg.; la situazione dovrebbe essere presa in seria considerazione da tutti ed in particolare da noi genitori, lavoro con i giovani in palestra e purtroppo mi rendo conto della loro estrema superficialità, nel mitizzare atteggiamenti a dire poco sbagliati come il bere in modo estremo super alcolici o sballarsi con porcheria chimica, il tutto per fare cosa?…………..................…………………………………………………………………………………………………………………… Ora veniamo al vero motivo della stesura di questo articolo, il rapporto tra arti marziali e giovani: La pratica di un’arte marziale da parte di giovani e giovanissimi è finalizzata allo sviluppo completo ed armonico della loro personalità favorendone le iniziative e aiutandoli a conquistare la propria identità. In particolare gli stimoli, proposti distintamente e gradatamente all’età, sono volti al miglioramento dei seguenti aspetti: Sviluppo delle capacità motorie e delle funzioni cognitive, con particolare attenzione al miglioramento della propria consapevolezza corporea e quindi del controllo e della gestione del corpo in movimento nello spazio; conseguentemente: Sviluppo della propria consapevolezza interiore e della capacità di controllare e gestire la propria emotività (con particolare riguardo, nei giovani, alla componente aggressiva); Opportunità di espressione, di socializzazione nonché di confronto; Partecipazione attenta e motivata ad un lavoro di gruppo nel pieno rispetto delle regole; Lotta alla dispersione scolastica e all’emarginazione, con speciale attenzione all’inserimento nel gruppo di individui portatori di problematiche particolari; L’allenamento è un insieme di pratiche progettate, programmate e organizzate in funzione di obiettivi sportivi generali e specifici. Esso è il contesto altamente specialistico nel quale si realizza anche un’importante funzione educativa sociale. Il concetto di educazione è legato a quello di personalità e di socialità, in quanto l’individuo interagisce con altri individui; l’arte marziale praticata in una determinata ottica, attiva in modo molto efficace quell’insieme di processi che interessano positivamente tutte le dimensioni della personalità. La caratteristica di maggiore spicco e di maggior valenza educativa e socializzante delle discipline marziali in generale, è l’organizzazione del comportamento motorio che si esprime per mezzo di azioni simbolicamente aggressive. Tale condizione è realizzata tramite un severo controllo delle azioni di attacco e di difesa, attiva e passiva, che mantiene la situazione all’interno di un elevato grado di sicurezza. I principi su cui si basa la pratica dell’arte marziale, sono: l’interazione psico-motoria, la collaborazione, l’affidamento e la solidarietà. Nel contesto dell’allenamento c’è la costante presenza di componenti simbolico-rituali nei comportamenti psicomotori degli individui, ciò provoca nei praticanti l’interiorizzazione di comportamenti nei quali l’aggressività si esprime in forme rispettose dell’incolumità e della dignità reciproca. Le tecniche di difesa e attacco proposte sono solo delle stilizzazioni di ipotetiche analoghe tecniche utilizzabili in un contesto reale; vista l’infinità di possibili differenti situazioni “reali” solo il praticante estremamente esperto che ha l’assoluto controllo di sé e del proprio sapere è in grado di adattare questo alla reale esigenza del momento. Per riuscire a creare un momento allenante che sia allo stesso tempo sicuro, funzionale e divertente, è necessario instaurare con i compagni di allenamento un rapporto di reciproco affidamento (rispetto delle regole) e di collaborazione fattiva. Quanto più e quanto meglio si realizzeranno condizioni di complessità situazionali (relativamente alle possibilità di ognuno) e di dinamismo motorio, tanto più e meglio si riuscirà a progredire nella capacità di esercitare un controllo sul proprio corpo e sul proprio carattere. La consapevolezza dell’importanza dei partners e delle loro valenze, per poter progredire personalmente nell’acquisizione della capacità di prestazione, comporta l’instaurazione di un rapporto di collaborazione molto stretto, che coinvolge la dimensione affettivo-morale della personalità e che porta all’instaurazione di un rapporto di profonda solidarietà, che difficilmente si incrinerebbe anche quando il partner dovesse divenire antagonista in una competizione sportiva. La verifica continua, all’interno delle situazioni di allenamento, delle proprie capacità e dei propri limiti e la contestazione dell’indispensabilità della collaborazione dei partner per il loro superamento, attivano processi molto efficaci di comunicazione e di socializzazione, che vengono ulteriormente rafforzati dal contesto del sodalizio sportivo. E’ facile, quindi, concludere che l’esercizio di comportamenti e pratiche intenzionalmente rappresentative di aggressività ma non violente, nell’ambito di un contesto sportivo rituale, governato da regole molto precise e severe, determina l’interiorizzazione, da parte dei praticanti, di valori che sono esattamente agli antipodi rispetto ai modelli “sociopatici” della virilità aggressiva, proposti da una parte della società odierna, spesso mediante un certo tipo di cinematografia purtroppo molto diffusa. Alcune discipline orientali si caratterizzano, inoltre, per lo studio e la pratica di tecniche di respirazioni e meditazione volte a migliorare e recuperare il proprio equilibrio interiore. Nell’odierna società dove i ritmi di vita si fanno sempre più frenetici e le ambizioni di successo sociale sempre più alte e di sempre più difficile realizzazione, spesso gli individui anche in giovane età sono preda di stati ansiosi che possono divenire vere e proprie depressioni che a volte sfociano in situazioni ormai e purtroppo direi all’ordine della cronaca nera attuale. Le antiche tecniche di respirazione e di meditazione possono essere, opportunamente adattate, un efficace strumento per contrastare stati ansiosi, acquisire consapevolezza delle proprie possibilità, per imparare, in definitiva, a “conquistare” e mantenere la propria armonia interiore

lunedì 27 aprile 2015

Venerdi 24 aprile si è svolta presso la nostra sede di rione Mazzini, la consueta lezione mensile con Mestre Bacci Dario. Abbiamo eseguito delle tecniche di mezza guardia con presa di schiena con relativo drill. Come sempre la lezione è stata interessantissima e soprattutto utilissima. Ci si rende sempre più conto dell'enorme potenzialità del bjj ma nello stesso tempo ci si rente conto del grande lavoro che ci aspetta, un lavoro che per quando riguarda quest'arte marziale a mio modesto parere non finirà mai. E' un'arte marzilae ricca di sfaccettature, con un bagaglio tecnico enorme, oserei dire infinito ed ogni tecnica puo essere plasmata su di te e sul tuo modo di lottare. Come dico sempre bisogna essere costanti, allenarsi tanto perchè in questo sport nessuno regala nulla, devi guadagnarlo sul tatami, è lì che hai le conferme, il tatami non mente, le chaicchiere stanno a zero. Con la speranza che tutti miei allievi capiscano in particolare quest'ultimo pezzo del mio articolo vi auguro a tutti un buon allenamento e buon jiu jitsu

giovedì 29 gennaio 2015

Esami per il passaggio di prajaet di muay thai boran

Mercoledì 28 gennaio si sono tenuti presso la nostra sede di rione mazzini gli esami per il passaggio di prajaet di muay thai boran. Erano presenti 18 allievi che si sono distinti per la bravura e l'impegno profuso sia nell'esame e soprattutto nei mesi precedenti. Questo esame infatti è la risultanza di un impegno serio e costante con il quale solo e soltanto si possono raggiungere i prorpi obiettivi.

martedì 13 gennaio 2015

storia del brazilian jiu jitsu - pag-3 Maeda lasciò il Giappone nel 1904 e visitò un gran numero di paesi dando dimostrazioni di "jiu-do" e accettando sfide provenienti da lottatori, pugili, savateurs e praticanti di varie altre arti marziali prima di arrivare in Brasile il 14 novembre 1914. Maeda si dedicò in particolar modo alla lotta a terra, poiché alcuni esponenti della scuola di jujutsu della Fusen ryu inizialmente erano riusciti a prevalere sugli allievi di Kano forzando il combattimento al suolo, mentre l'impostazione del Kodokan voleva focalizzarsi sullo scontro in piedi. Maeda fu così abile a vincere numerosi incontri all'estero contro esponenti di varie discipline, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "Conte Koma". Gastão Gracie era un partner commerciale del cosiddetto American Circus a Belém. Nel 1916, il circo italo-argentino dei fratelli Queirolo organizzò alcuni spettacoli e in uno di essi si esibì Maeda.[13][14]. Nel 1917, Carlos Gracie, il figlio maggiore di Gastão Gracie, assistette ad una dimostrazione di Maeda al Da Paz Theatre e decise di praticare judo. Maeda accettò Carlos come studente per alcuni anni, e quest'ultimo passò la sua conoscenza ai suoi fratelli. Secondo alcuni racconti apocrifi Gastão Gracie aiutò in maniera non sempre ben precisata Maeda, inviato in missione diplomatica in Brasile, nel suo soggiornare in Brasile, e Maeda per sdebitarsi avrebbe insegnato il judo al figlio Carlos. All'età di quattordici anni, Hélio Gracie, il più giovane della famiglia Gracie, si trasferì in una casa a Botafogo assieme ai suoi fratelli dove vi vivevano e insegnavano il ju jitsu giapponese tradizionale. Seguendo delle prescrizioni mediche, Hélio avrebbe speso gli anni immediatamente successivi limitandosi a osservare i suoi fratelli allenarsi ed insegnare, poiché per natura fragile di costituzione. Col tempo, Hélio Gracie gradualmente sviluppò il Gracie Jiu Jitsu come un adattamento più morbido e pragmatico del judo, poiché egli era incapace di eseguire molti movimenti che richiedevano di opporsi alla forza dell'avversario direttamente. Lungo gli anni Hélio Gracie sviluppò un sistema che si focalizzava sul combattimento a terra, in opposizione al judo che enfatizzava le tecniche di proiezione. Anni più tardi Hélio Gracie sfidò il leggendario judoka Masahiko Kimura. Nel suo libro "Il mio Judo", Kimura racconta che ritenne Hélio un 6° dan di judo al tempo del suo incontro con lui nel 1951 see extract. Tuttavia, non c'è alcuna registrazione del Kodokan attestante un qualsiasi grado nel judo assegnato ad Hélio Gracie, tuttavia non è insolito per un judoka straniero avere un rango attuale più alto di quello ufficialmente riconosciuto e attestato dal Kodokan, poiché i gradi del Kodokan sono mantenuti in maniera indipendente e richiedono requisiti più stretti. Sebbene il Jiu-Jitsu brasiliano è largamente identificato con la famiglia Gracie, esiste un
la storia del brazilian jiu jitsu - pag-2 "Jiu-jitsu" è una vecchia romanizzazione dell'originale pronuncia dell'arte in Occidente, mentre la moderna traslitterazione col sistema Hepburn è "jūjutsu". Quando Maeda lasciò il Giappone, il judo era spesso ancora chiamato "Kano jiu-jitsu"[6] o, ancor più genericamente, semplicemente come "jiu-jitsu"[7][8]. Higashi, in quanto co-autore del "Kano Jiu-Jitsu"[6] scrisse: « "Una certa confusione è emersa verso l'impiego del termine 'jiudo'. Per rendere la questione chiara specificherò che jiudo è il termine scelto dal professor Kano per descrivere il suo sistema più accuratamente di quanto il jiu-jitsu fa. Il professor Kano è uno dei principali educatori in Giappone ed è naturale che egli scelga il termine tecnico che più accuratamente descrive il suo sistema. Ma il popolo giapponese generalmente fa ancora riferimento alla nomenclatura più popolare e lo chiama jiu-jitsu" » Al di fuori del Giappone, comunque, questa distinzione era anche meno notata. Così, quando Maeda e Satake arrivarono in Brasile nel 1914, ogni giornale annunciava la loro arte come "jiu-jitsu" nonostante entrambi fossero judoka del Kodokan. Solo nel 1925 il governo giapponese ufficialmente dichiarò che il nome corretto per l'arte marziale insegnata nelle scuole pubbliche giapponesi era "judo" e non "jujutsu". In Brasile però, l'arte è ancora chiamata "jiu-jitsu". Quando i Gracie giunsero negli Stati Uniti per diffondere la loro arte, utilizzarono i termini "Brazilian jiu-jitsu" e "Gracie Jiu-Jitsu" per differenziarla dagli stili già presenti con nomi simili. Il nome di Gracie Jiu-Jitsu (GJJ) è stato registrato da Rorion Gracie, ma dopo una disputa legale con il cugino Carley Gracie il diritto sul marchio è stato invalidato.[10]. Altri membri della famiglia Gracie spesso chiamano il loro stile con nomi personalizzati, come Charles Gracie Jiu-Jitsu o Renzo Gracie Jiu-Jitsu. In maniera simile la Famiglia Machado chiama il suo stile Machado Jiu-Jitsu (MJJ). Sebbene ogni stile e i suoi istruttori abbia degli aspetti unici, si tratta in sostanza di varianti di base del Brazilian jiu-jitsu. Al giorno d'oggi esistono quattro maggiori branche di Jiu-Jitsu dal Brasile: Gracie Humaita, Gracie Barra, Carlson Gracie Jiu-Jitsu e Alliance Jiu Jitsu. Ogni branca può far risalire le sue origini a Hélio Gracie. Più recentemente, negli Stati Uniti il nome "jitz" è diventato un termine colloquiale per i non addetti ai lavori. Il Jiu Jitsu Brasiliano nacque in Brasile grazie all'arrivo, nei primi anni del secolo, del console giapponese Mitsuyo Maeda, uno dei cinque maggiori esperti nel lotta a terra del jujutsu (ne waza) che Jigoro Kano, il fondatore del Kodokan judo, inviò oltremare per dimostrare e diffondere la sua arte nel mondo. Da adolescente, Maeda si era allenato inizialmente nel sumo, ma dopo aver appreso dei successi del kodokan nelle sfide fra scuole di jujutsu, decise di apprendere il judo e divenne uno studente del "Kano Jiu Jitsu".

brazilian jiu jitsu Avellino

Brazilian jiu jitsu Avellino – A.S.D. Hanuman Sono Imbimbo Roberto, al momento della stesura di questo articolo ho la cintura blu con quattro strep di brazilian jiu jitsu. Sono il presidente dell’a.s.d. Hanuman nonché l’istruttore. La nostra associazione fa parte dell’accademia Budo Clan del Maestro Bacci Dario di Roma, la sede è ad Avellino e si prefissa di diffondere quest’ arte marziale ormai divenuta un tassello fondamentale per chi si vuole cimentare nel combattimento nella gabbia delle ormai note arti marziali miste. Di seguito è descritta la storia del bjj, dalle origini ad oggi. Due cinture nere in fase di combattimento durante il World Jiu-Jitsu Championship. La tecnica in uso è detta triangle choke, strangolamento a triangolo. Il Jiu jitsu brasiliano o Jiu-jitsu brasileiro (in giapponese ブラジルの柔術‎, Burajiru no jūjutsu), spesso abbreviato nell'acronimo in lingua inglese BJJ, è un'arte marziale, uno sport da combattimento e un metodo di difesa personale che si specializza nella lotta ed in particolare nel combattimento a terra. Non deve essere confusa con il suo predecessore giapponese Jūjutsu. La disciplina è nata come appendice del kodokan jūdō negli anni venti del XX secoloquando il maestro Mitsuyo Maeda insegnò i fondamentali della lotta a terra (ne-waza) ad allievi come Carlos Gracie e Luis França. Il Brazilian Jiu-Jitsu divenne poi un'arte a sé stante attraverso sperimentazioni, pratica e adattamenti del maestro Hélio Gracie e del fratello Carlos, che trasmisero poi la loro esperienza alla loro famiglia e ai loro allievi. La disciplina insegna come suo fondamento che una persona più piccola e debole può difendersi con successo da un assalitore più grande e forte tramite l'utilizzo di appropriate tecniche come leve, chiavi articolari e strangolamenti, portando lo scontro al suolo. L'allenamento nel Brazilian jiu-jitsu viene comunque praticato principalmente con carattere sportivo nei tornei di grappling, quelli propri in cui si fa uso del gi (ma negli ultimi anni la Federazione Internazionale ha introdotto anche competizioni in no-gi) o altri come la submission grappling, o anche per partecipare ad incontri di arti marziali miste[. La pratica di sparring (comunemente chiamato rolling) e di sessioni di allenamento con confronto non collaborativo giocano un ruolo maggiore nell'allenamento, e vengono premiate le prestazioni, soprattutto durante le competizioni, in relazione al progresso attraverso i gradi/cinture. Sin dal suo principio nel 1914, l'arte ascendente del judo era separata dai sistemi più antichi di jujutsu giapponese da un'importante differenza trasmessa al Brazilian jiu-jitsu: non si tratta solamente di un'arte marziale ma anche di uno sport, un metodo per promuovere lo sviluppo del fisico e del carattere nei giovani, e, infine, una via (Dō) di vita. .